venerdì 24 giugno 2011

Definizione museo immaginario MALRAUX

Il museo stesso così come lo conosciamo non è, per Malraux, che una tappa
verso l’instaurazione di quel Museo Immaginario che costituisce il suo
lascito principale alla storia dell’estetica. Se il museo infatti libera l’arte
dal proprio contesto, la riproduzione fotografica, su cui l’intuizione del
Museo Immaginario si basa, libera l’opera d’arte da se stessa. Le
innumerevoli possibilità di manipolazione, che una fotografia offre
all’oggetto che riproduce, permettono a Malraux, attraverso un uso ardito
di dettagli, ingrandimenti e accostamenti spregiudicati e impensabili, di
meglio chiarire il carattere comune che qualifica la totalità delle opere
d’arte. Con la fotografia emerge chiaramente quell’autoreferenzialità che
l’arte acquista nel momento stesso in cui viene indicata come Assoluto.
Quello che importa a Malraux, allora, non è tanto il valore specifico di
ogni singola opera, quanto la possibilità di ritrovare nell’intera
produzione artistica, di ogni tempo e luogo, la comune e trascendente
attitudine dell’uomo a mettere in questione il mondo. Esiste l’arte in
quanto Assoluto trascendente che raccoglie nel suo seno (che ingloba)
tutto ciò che è attestazione della rivolta dell’uomo contro il destino.
Movimento circolare (e tautologico) per cui l’arte nasce dall’arte e
all’arte ritorna, all’interno di una riflessione che ha necessariamente
bisogno di escludere dal proprio percorso tutto quanto è legato alla
concretezza e alla fisicità di un’opera.
Il Museo Immaginario, così, si rivela, paradossalmente e
pienamente, nell’assenza dell’opera d’arte. La riproduzione fotografica
da una parte radicalizza l’enigma posto dal museo, perché rende visibile
l’intera arte mondiale (e la storia dell’arte diviene storia di tutto quanto è
riproducibile) portandone a compimento l’emancipazione; dall’altra
rende il contatto diretto con l’opera originale un momento non
strettamente indispensabile, visto che essa si pone come il veicolo ideale
del valore costitutivo di ogni oggetto artistico.
Svincolato da ogni rapporto con la concretezza delle opere d’arte,
il Museo Immaginario diventa allora il luogo mentale, personale a
ciascuno, ma pure comune per i quattro quinti all’intera comunità degli
artisti, in cui tutte le opere, finalmente ed interamente restituite a se
stesse, possono dialogare tra loro, nel reciproco rispetto delle differenze
specifiche. Esso è il museo che ciascuno ‘porta dietro le palpebre’, il
luogo in cui le opere manifestano pienamente la loro capacità di
provocare veri e propri atti d’amore, giacché ‘sono loro a sceglierci, più
di quanto non siamo noi a scegliere loro’. Nel Museo Immaginario, il
luogo stesso della metamorfosi, la trascendenza dell’arte si manifesta
nella maniera più piena.

Nessun commento:

Posta un commento